Qualche giorno fa ho ricevuto un brief che iniziava così:
“Cerchiamo un’idea che abbia una vibe forte. Qualcosa che la gente senta subito.”
Niente obiezioni, eh.
Anche io, in certi progetti, in certi momenti, soprattutto quando faccio snowboard o surf , dico spesso:
“Questo momento ha una vibe che mi fa stare bene.”
Mi capita anche nelle proposte creative, nelle dinamiche di team, nelle relazioni professionali. Lo dico e lo penso. Perché sì, la vibe conta.
L’intenzione, l’energia, il ritmo emotivo sono cose reali.
Eppure, da qualche giorno, mi chiedo:
“Ma se tutto è vibe… dov’è finita la struttura?”
Negli ultimi mesi ho letto e sentito:
Vibe Marketing
Vibe Coding
Vibe Design
Vibe Team
Vibe Leadership
Vibe Strategy
E potrei continuare. C’è un vibe per tutto, praticamente.
Tutto ha bisogno di vibrare.
Di essere sentito. Di avere il flow.
E ci sta.
Siamo in un’epoca in cui la cultura dell’atmosfera ha sostituito quella della pianificazione.
La sensazione è più immediata della verifica.
La chimica più potente della metodologia.
Il “sentirsela giusta” più forte del dimostrarla.
Ma è proprio qui che nasce questa interferenza.
Perché la vibe senza struttura è come il suono senza tempo.
Come un giro di basso senza batteria o senza sax: ti avvolge, ma non ti guida.
Dietro ogni grande energia che regge nel tempo, c’è qualcosa che non vibra solo, ma tiene. C’è una logica. Una direzione. Una cerniera nascosta.
Qualcosa che non fa rumore, ma fa durare l’onda.
Lavorando con aziende, startup e team creativi, mi sono accorto che quando una cosa “ha vibe” ma poi si sfalda, non è perché era falsa. È perché non aveva una struttura che la proteggesse.
Succede con:
le identità visive che funzionano solo in mockup
i claim che suonano bene ma non reggono una domanda difficile
i testi scritti da ChatGPT che non hanno un’anima
i team che si amano nei workshop ma implodono ai primi sprint reali
i prodotti “cool” che non hanno un modello sostenibile dietro
E comunque sì, viva le vibes.
Ma attenzione: non confondiamo il flow con l’improvvisazione.
Non confondiamo la chimica con la coerenza.
Non confondiamo la sensazione con la strategia.
Perché se tutto è mood e niente è struttura, ci abituiamo a vivere nell’illusione che basti “sentire” qualcosa per farla funzionare.
Io credo che il lavoro profondo si faccia proprio lì, nel punto in cui la sensazione incontra il sistema.
Dove l’energia creativa viene contenuta, direzionata, sostenuta. Non schiacciata, ma incanalata.
Non è bello quel che piace.
È bello quello che resta.
E per restare, serve un disegno.
Non sempre visibile. Ma sempre necessario.
Con una buona vibe.
“La vibe può accenderti. Ma è la struttura che ti tiene acceso.”
Tipo “Innamoramento e Amore” “Vibe e struttura”?