Interferenza #15 – Chi sa, dubita. Chi dubita, cresce.
«Il dubbio non è un difetto. È la forma più gentile della competenza.»
Ci sono frasi che si sentono spesso, e le sento dai miei figli, passando per ragazzi ai primi lavori, alle persone a cui faccio mentoring, ma soprattutto in certi contesti professionali:
“Non so se sono la persona giusta per questo ruolo.”
“Non mi sento ancora abbastanza preparato.”
“Ho paura che prima o poi qualcuno si accorga che non ne so abbastanza.”
A volte non vengono nemmeno dette ad alta voce. Si insinuano nei pensieri, nei margini delle decisioni, nelle riletture infinite di una mail, nella voce incrinata quando si prende la parola in una stanza affollata.
La chiamano Sindrome dell’Impostore.
Ma c'è un dettaglio che spesso non si dice: questo tipo di dubbio, nella giusta misura, non è un difetto. È un segnale di coscienza. Di competenza. Di etica.
Perché chi non ha mai avuto un dubbio, spesso non ha nemmeno mai avuto davvero la responsabilità di qualcosa che contava.
Il dubbio è un paradosso sano: arriva quando hai abbastanza consapevolezza per renderti conto che potresti sbagliare. Quando conosci abbastanza per sapere dove sono le ombre. Quando studi abbastanza da sapere che non hai ancora finito di studiare.
Il dubbio, quando è onesto e non paralizzante, è un alleato.
Ti fa rileggere, ti fa verificare, ti fa chiedere un parere in più. Ti impedisce di confondere la sicurezza con la verità.
In un mondo che premia chi parla per primo, chi twitta più forte, chi commenta senza leggere, dubitare è un gesto di vero coraggio, quasi rivoluzionario.
Chi sa, non urla. Guida.
Chi sa, non si impone. Si espone.
Chi sa, non ha bisogno di mostrare. Ha bisogno di capire.
Il punto è che spesso scambiamo la leggerezza di chi improvvisa per sicurezza. E la cautela di chi sa davvero, per debolezza.
Ma basta guardare i grandi maestri, quelli veri: hanno sempre una frase in meno, mai una in più. E una soglia altissima del proprio stesso pensiero.
Allora forse non è vero che dobbiamo imparare a "credere di più in noi stessi". Forse dobbiamo imparare a leggere meglio quel dubbio.
A non confonderlo con inadeguatezza. A non combatterlo come se fosse un nemico. Ma ad allenarci a usarlo.
Perché non è la memoria che ci rende forti. È la capacità di scegliere cosa vale la pena dire, cosa è ancora da capire, e cosa è meglio mettere in pausa.
E chi sa farlo, non è insicuro. È preciso. Attento. Vivo.
“Le convinzioni sono più pericolose delle bugie.”
(F. Nietzsche)